Ma i tifosi ricordano anni di promesse finite nel nulla, mentre altre piazze hanno già fatto il salto.«Spero con tutto me stesso che il Pescara giochi nel suo stadio contro il Venezia e anche le restanti partite del campionato. Ma questo episodio ha evidenziato comunque una problematica che potrebbe ripresentarsi in futuro. La prossima settimana mi incontrerò con l’architetto Zaramella, colui che ha progettato lo Juventus Stadium. C’è l’idea forte di pensare a un nuovo stadio, con un pool di imprese pronte ad appoggiare il progetto. Mi auguro solo una cosa: che non si dica no a prescindere».

Così il presidente Daniele Sebastiani ha riportato in auge il tema del nuovo stadio. Una dichiarazione che dovrebbe aprire scenari concreti, ma che inevitabilmente richiama alla memoria le tante, troppe promesse già sentite e finite nel vuoto. Negli ultimi anni a Pescara si è parlato spesso di nuovi soci pronti a entrare, di investitori interessati, di fondi pronti a scommettere sul club. Nulla, però, si è mai concretizzato. Ogni estate ha portato con sé voci, incontri, ipotesi, ma nessun passo vero. L’Adriatico resta lo stesso: affascinante per collocazione e storia, ma strutturalmente inadeguato per gli standard moderni. Il rischio, oggi, è che anche l’annuncio dell’incontro con Zaramella finisca nello stesso modo: un altro capitolo di un copione già visto, con dichiarazioni destinate a trasformarsi in bolle di sapone.

Nel frattempo altre realtà si sono mosse. Il Frosinone ha costruito lo stadio “Benito Stirpe”, moderno e funzionale, diventato modello in Italia. Il Cagliari ha avviato il progetto del nuovo Sant’Elia, l’Empoli ha intrapreso i lavori di ammodernamento del Castellani, la Cremonese ha investito sullo Zini. Persino club di piazze più piccole hanno compreso che senza infrastrutture non si cresce.

A Pescara no. Si continua a vivere di annunci e rinvii, con l’Adriatico che resta una cattedrale affascinante ma vecchia, incapace di generare ricavi e di offrire il comfort che altrove è ormai diventato la normalità. Un nuovo stadio non è un vezzo. È identità, è futuro. Significa aumentare gli introiti, attrarre sponsor, fidelizzare pubblico e famiglie, garantire una casa degna a una piazza che resta tra le più appassionate d’Italia. Significa anche smettere di inseguire l’emergenza, come accaduto di recente con il rischio di non poter disputare in casa le partite ufficiali.

Il problema è che Sebastiani di annunci ne ha fatti fin troppi, e quasi sempre hanno avuto lo stesso destino: dissolversi in poco tempo, senza lasciare tracce. La sensazione diffusa tra i tifosi è che anche questa volta il copione non cambi: proclami roboanti, incontri sbandierati, ma alla fine niente di concreto. Il tempo delle promesse è finito: Pescara ha bisogno di fatti. Senza un impianto moderno, il club resterà intrappolato nel passato e faticherà ad attrarre investitori veri.

E allora la domanda è semplice: si farà davvero questo stadio o sarà l’ennesimo annuncio? Perché i tifosi hanno già visto troppi progetti evaporare. O peggio ancora: sarà il classico modo per distogliere l’attenzione, per parlare di un sogno lontano mentre i problemi veri  quelli di un mercato incerto, di un organico incompleto, di una programmazione assente  restano lì, intatti, a pesare sulla pelle della squadra e della città.

Il Pescara non può più permettersi slogan e diversivi. Servono fatti, servono scelte. Perché senza infrastrutture, senza identità e senza coraggio, non si costruisce futuro.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 08 settembre 2025 alle 14:34
Autore: Antonio Iannucci
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