C’erano le vacche che pascolavano in ritiro, i campi da gioco che a volte non c’erano, e le trasferte improvvisate in macchina fino a Porto Sant’Elpidio. Era il calcio degli anni ’80, un calcio “povero ma bello”, fatto di sacrificio e passione pura. E in mezzo a tutto questo, un ragazzo di 18 anni, Beppe Gatta, diventava l’ultimo baluardo del Pescara che avrebbe scritto la storia.
“In ritiro avevamo le vacche che pascolavano in campo”, racconta Gatta con un sorriso. “Ma capitava che il campo non ce l’avessimo proprio. La domenica c’era il torneo amatori e ci toccava prendere le macchine e andare a Porto Sant’Elpidio”. Un’epoca lontana anni luce dal calcio di oggi, dove tutto era più genuino, più umano.
L’ESORDIO E LA FIDUCIA DEL MISTER
Dopo una stagione come riserva di Maurizio Rossi, nella stagione 1986-1987 arriva per Gatta il momento di diventare titolare. “Si parlava sempre dell’arrivo di un portiere di esperienza”, ricorda, “ma intanto cominciai a sfoderare buone prestazioni”. La prima di campionato in casa contro il Cesena, in piena emergenza con tanti ragazzini, si chiuse con un pari prezioso. La fiducia del mister Galeone, “un allenatore strano, che appena possibile metteva il pallone al centro dell’allenamento”, fu fondamentale.
LA SQUADRA E IL PUBBLICO: UN’ONDA CRESCENTE
Quella squadra, piena di giovani talenti come Marchegiani, Vivarini, Di Cara, Patriarca, Melchiorre e Felice Mancini, cominciò a crescere “tutt’uno con il pubblico”. “Non avevamo affatto la cognizione che stavamo facendo qualcosa di straordinario”, ammette Gatta, “ma ogni domenica vedevamo lo stadio Adriatico riempirsi un po’ di più”. E poi, le trasferte: “15mila pescaresi ad Arezzo, 20mila a San Benedetto. Lì iniziammo a capire che stavamo facendo qualcosa di importante!”.
IL CARATTERE SOTTO I PALI
A descrivere il carattere del giovane portiere, bastano poche parole. Dopo la sconfitta a Marassi contro il Genoa (2-1), alla domanda se si fosse emozionato a scendere in campo in un tempio del calcio come quello, la risposta fu lapidaria: “No, non conoscevo nessuno!”. Freddo, determinato, impermeabile alle pressioni.
LA CARRIERA: DALL’ESORDIO IN A ALL’UNICA SALVEZZA
Con i biancazzurri Gatta esordì in Serie A il 13 settembre 1987, in un’indimenticabile Inter-Pescara 0-2. Nella stagione 1987-1988 totalizzò 14 presenze in massima serie, alternandosi con Giuseppe Zinetti e contribuendo a quella che finora è l’unica salvezza del Delfino in Serie A. Restò in Abruzzo anche dopo la retrocessione, prima di trasferirsi al Lecce e poi al Monza, dove fu compagno di un giovane Christian Abbiati.
Oggi, Gatta vive a Vimercate, in Brianza, con la moglie e tre gatti. Dopo il ritiro è diventato allenatore dei portieri, continuando a vivere di quel calcio che tanto ha amato.
UN RICORDO, UN’EPOCA
Quella di Beppe Gatta non è solo la storia di un portiere, ma di un’epoca. Di quando il calcio era meno business e più cuore, meno tecnologia e più istinto. Di quando in ritiro pascolavano le vacche, ma nei cuori dei tifosi nascevano leggende.
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