Il Pescara sembra avere un copione già scritto. Parte piano, concede troppo, poi reagisce con rabbia e cuore quando la partita è ormai complicata. È accaduto più volte in questo avvio di stagione: con Venezia, Südtirol e Carrarese la squadra di Vincenzo Vivarini ha trovato la forza per raddrizzare la rotta solo nel finale, spesso con episodi d’orgoglio più che con trame costruite. Anche nella vittoria larga sull’Empoli, quella che aveva illuso l’ambiente e ridato fiato alla classifica, i tre gol sono arrivati tutti dal 68’ in poi, quando ormai la tensione si era sciolta e il Pescara aveva iniziato a giocare libero mentalmente.

Oggi, col senno di poi, quella partita viene riletta diversamente: non come la svolta, ma come la fotografia di una squadra che si accende troppo tardi, che ha qualità e idee ma non riesce a esprimerle fin dall’inizio.

Il problema è mentale, non solo tattico

Le difficoltà del Pescara non sembrano legate alla condizione fisica o al modulo. È una questione di testa, di approccio e fiducia. Nelle prime fasi di gara la squadra appare contratta, quasi timorosa, e fatica a imporre il proprio ritmo. Poi, quando il risultato si complica e non ci sono più calcoli da fare, la manovra si scioglie, la pressione svanisce e arrivano occasioni e gol.

Vivarini lo sa bene. “Ci manca un po’ di cattiveria iniziale — ha ammesso più volte il tecnico —, dobbiamo imparare a entrare in campo con la stessa intensità con cui chiudiamo le partite.” È lì che si gioca la vera sfida: trasformare la reazione in azione, la disperazione in convinzione.

Il paradosso dell'Adriatico

Curiosamente, le difficoltà maggiori arrivano proprio in casa, dove il Pescara dovrebbe sentirsi più protetto. Al “Cornacchia” la squadra fatica ad accendere il motore nei primi minuti e troppo spesso lascia l’iniziativa agli avversari. In trasferta, invece, il piglio è apparso migliore: a Modena e Genova il Delfino è persino riuscito a passare in vantaggio, segno che quando gioca con meno pressione addosso riesce a essere più lucido e concreto.

Anche a Mantova, nonostante la sconfitta beffarda, il Pescara aveva mostrato una buona personalità, trovando il pareggio prima di capitolare nei minuti finali. Un atteggiamento che conferma una tendenza: fuori casa il gruppo è più coraggioso, più sfrontato, forse perché ha meno da perdere.

Reazioni d’orgoglio non bastano

Le rimonte, per quanto spettacolari, non possono diventare un piano tattico. Una squadra che punta in alto deve imparare a gestire la partita fin dal primo minuto, a imporre ritmo e idee, non a rincorrere gli errori. Finora, invece, il Pescara ha mostrato due volti diversi: quello combattivo e generoso del secondo tempo e quello impaurito e disordinato della prima frazione.

I dati lo confermano: la maggior parte dei gol biancazzurri arriva nell’ultima mezz’ora, quando le energie mentali superano la paura. Ma in un campionato come la Serie B, dove ogni episodio pesa, partire male può significare compromettere tutto.

Vivarini cerca la scossa

Il tecnico abruzzese continua a lavorare sulla mentalità e sulla gestione emotiva, convinto che il problema non sia di gambe, ma di testa. L’obiettivo è trasmettere ai suoi la consapevolezza che la qualità c’è, ma va espressa fin da subito.

“Abbiamo i mezzi per fare bene, ma dobbiamo crederci — ha ribadito —. In questa categoria contano concentrazione e mentalità più della tecnica.”

Il gruppo lo segue, ma serve un segnale forte. La prossima partita sarà l’occasione giusta per capire se il Pescara è pronto a rompere il ciclo della reazione e tornare protagonista con convinzione.

Sezione: News / Data: Lun 20 ottobre 2025 alle 13:00
Autore: Redazione TuttoPescaraCalcio / Twitter: @tuttopescara1
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