E’ stato lo stesso Zauri quindi a sbrogliare la matassa ed evitare equivoci e telnovelas stucchevoli. Mentre la società era in conclave per decidere il da farsi sulla questione tecnica, e meditava dalla serata di domenica scorsa di staccare la spina alla gestione tecnica esonerando il giovane allenatore marsicano, è arrivata la decisione del diretto interessato. “Non voglio essere io il pomo della discordia”, ha ripetuto più volte a Sebastiani, sia domenica subito dopo il ko interno contro la Salernitana sia ieri mattina. Zauri lascia il Pescara al 12esimo posto in classifica dopo la prima di ritorno, a due punti dall’ottavo posto che vale i play-off e tre di vantaggio sul quintultimo, che porta ai play-out. Non è tanto questo ad aver causato il terremoto tecnico delle ultime ore, quanto il palese scollamento tra lui, il suo staff e almeno una parte dei giocatori (il caso Memushaj a fine dicembre ha definitvamente aperto la crisi), la mancanza di una vera identità di squadra, sia caratteriale che tattica (4 pareggi e 1 sconfitta da novembre ad oggi). E anche la lunga astinenza da vittorie nelle partite casalinghe, che ha spento l’entusiasmo dei tifosi e svuotato gli spalti in questi ultimi mesi. Il Pescara, dopo venti partite, sembra ancora un cantiere aperto. Inaccettabile, ma guai a non ricordare degli errori fatti in estate sul mercato dal club e dagli infortuni che hanno minato il lavoro dello stesso Zauri nel girone d’andata (Tumminello, Balzano, Palmiero, Fiorillo, oltre a Melegoni out fino a dicembre e Chochev indisponibile fino a marzo prossimo). Il progetto varato la scorsa estate è naufragato a metà stagione. Ma non è solo colpa del(l’ex) tecnico.

Sezione: News / Data: Mar 21 gennaio 2020 alle 12:00 / Fonte: Messaggero
Autore: Redazione TuttoPescaraCalcio / Twitter: @tuttopescara1
vedi letture
Print