A volerla buttare sullo scherzo, si potrebbe dire che almeno un dubbio l’abbiamo risolto. La squadra non giocava contro Zeman. In realtà da ridere c’è ben poco, perché l’esordio in panchina di Massimo Epifani è coinciso con una sconfitta casalinga pesante (1-4) e pericolosa. Il Delfino vede avvicinarsi la zona playout e ora deve assolutamente vincere martedì il recupero casalingo contro il Carpi. Diciamolo subito: è stato un brutto Pescara. C’è poco da salvare, anche se il risultato è stato figlio soprattutto di due episodi. Una colossale distrazione difensiva in avvio (gol di Calaiò da fallo laterale) e il raddoppio di Ceravolo realizzato in netto fuorigioco. A quel punto si è fatto buio pesto. Ovviamente non si può giudicare il lavoro di un tecnico dopo meno di una settimana e questo assioma sarebbe stato valido anche in caso di vittoria. Ma forse il giovane tecnico si è lasciato tradire dalla voglia di strafare, e ha forse sottovalutato le attuali difficoltà del gruppo del quale ha preso la guida. Ha schierato il Pescara con un 4-2-3-1 infarcito di giocatori offensivi. Tanti, forse troppi per una squadra che probabilmente avrebbe bisogno di fare solo piccoli passi rassicuranti. In sintesi, è cambiato il modulo, ma il Pescara è rimasto offensivo come quello di Zeman. Con in meno le certezze tattiche di un gioco che comunque era quello da mesi, e con in più un macigno di tensioni che i giocatori non sono stati n grado di sopportare. Ci ha provato, a mettere in pratica il nuovo sistema, con molta applicazione e poca spontaneità,. Ha tentato di fare la partita, ma senza mai essere pericoloso, con Mancuso lontanissimo dalla porta e dal gioco, e con Falco dietro l’unica punta, sempre avulso dal gioco e con due terzini ultra offensivi, poco protetti da coperture preventive approssimative. In questo panorama neppure il ritorno di Brugman in cabina di regia ha potuto portare giovamento in un centrocampo che è rimasto povero di qualità come prima ma è diventato anche numericamente insufficiente. L’impressione è che ci voglia una cura più radicale e umile. O la difesa a tre, che se applicata decorosamente toglie almeno la profondità agli avversari. O comunque un centrocampo più folto, magari con due punte vere, visto che i tanti giocatori tra le linee non determinano nulla. Almeno in questo momento. Al Parma è bastato il minimo sindacale. Difesa attenta, buona copertura degli spazi, palle inattive e qualche contropiede. Tutto troppo facile, perché col passare dei minuti, la voglia del Pescara si è trasformata in ansia, e poi in depressione. Una condizione psicologica che ora diventa il nemico pubblico numero uno in questo finale di stagione. Ed è difficile prevedere quale sarà la reazione della squadra. L’impressione è che oggi debba essere considerata conclusa la stagione dei fantasisti talentuosi. D’ora in avanti servono soprattutto sostanza e sangue freddo. Il primo ingrediente dovrà darlo Epifani, il secondo tocca ai giocatori. Martedì, il recupero con il Carpi, è la sliding door della stagione. Può riportare tranquillità, o spalancare le porte verso un finale di sofferenza

Sezione: Rassegna Stampa / Data: Dom 11 marzo 2018 alle 13:00
Autore: Redazione TuttoPescaraCalcio / Twitter: @tuttopescara1
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