Il ragazzo dell'antistadio sfida di nuovo il Pescara. Lunedì al Bentegodi di Verona, sarà la seconda volta per Fabio Grosso, 41enne allenatore pescarese, contro la squadra della sua città e contro Pillon. Proprio l'ex Renato Curi, lo scorso 14 aprile, con il Bari tenne a battesimo il tecnico trevigiano all'Adriatico. Pescara-Bari finì 2-2 con una super rimonta biancazzurra, dallo 0-2 al pari con un uomo in meno (espulso nel finale Campagnaro). Anche se è capitato spesso che un pescarese abbia affrontato la squadra della sua città, vedi D'Aversa e Di Francesco, per Fabio la storia è un po' diversa. Non è un ex, tanto per cominciare. Ma è cresciuto lì, a pochi metri dai cancelli dello stadio, nell'impianto riservato alle squadre dilettantistiche della città. Lì dove i pescaresi più veraci, guidati dal presidente Ortolano e dal tecnico Cetteo Di Mascio, hanno spesso solcato i confini del calcio regionale per vivere un sogno. Come l'altro ex Curi, Massimo Oddo. O lo stesso D'Aversa, Giulio Falcone e il ds biancazzurro Leone. Da quel piccolo campo, una volta ricoperto di fanghiglia, oggi coperto da un bel sintetico, è iniziata la storia di Grosso con la mitica maglia rossa della Renato Curi, con cui ha sgomitato a lungo tra i dilettanti. Chi l'avrebbe mai detto, alla fine degli anni '90, che quello spilungone col numero 10 e il sinistro vellutato, ma dal passo troppo cadenzato, sarebbe potuto diventare, a 29 anni, l'uomo di Berlino 2006, un simbolo del calcio italiano, un idolo di migliaia di ragazzi? Ha saputo risalire la corrente, partendo dall'Eccellenza abruzzese, passando la serie D e dalla C2 (vinta con il Chieti nel 2000-2001 segnando 9 gol), prima di approdare al Perugia di Gaucci in serie A.

Sezione: Rassegna Stampa / Data: Mer 12 dicembre 2018 alle 10:00 / Fonte: Messaggero
Autore: Redazione TuttoPescaraCalcio / Twitter: @tuttopescara1
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