Zdenek Zeman per lei Pescara è un ritorno. Operazione nostalgia?

«Si torna solo se si è lasciato un buon ricordo. Si dice che le retrocesse siano favorite per la promozione, ma se poi in serie A arrivano Benevento e Spal significa che non è vero».

In carriera ha lanciato tanti giocatori: da Pescara Insigne, Verratti e Immobile. Il suo calcio valorizza i giovani?

«I giovani possono crescere, sui vecchi ormai che fai? Il talento conta, ma tutto dipende da loro, se seguono».

Negli ultimi anni il calcio è diventato dei calciatori: decidono loro che fare?

«No, dipende dai procuratori. Gestiscono interessi extracalcistici, vanno da chi paga di più. Una volta l’allenatore contava, oggi i giocatori parlano con il presidente».

Bonucci sembrava legatissimo alla Juventus, il trasferimento al Milan l’ha sorpresa?

«È successo qualcosa nello spogliatoio. Di gente che bacia la maglia ne vedo tanta, ma tranne Totti è tutto teatro».

Totti ha fatto bene a smettere?

«Non ha scelto lui, lo hanno fatto smettere, è diverso. Altri hanno deciso che non doveva giocare più, purtroppo».

Che serie A sarà?

"Juve e Napoli davanti. La Roma ha cambiato troppo, però ho fiducia in Di Francesco, sempre che lo lascino fare».

Roma non è l’ambiente più facile per rinnovare.

«L’ambiente è stupendo. Lo ha detto pure Spalletti all’inizio, poi si è smentito. Manca la società, il presidente non c’è».

Sono tanti i presidenti assenti: Roma, Inter, Milan...

«Avranno problemi tutti. La rosa dell’Inter l’anno scorso non era da 7° posto. All’Inter non si capisce chi decide, il magazziniere o chi?».

All’Inter l’hanno scorso sono passati 4 tecnici: possibile siano tutti scarsi?

«Oggi il problema non è sapere allenare ma saper gestire il gruppo: l’Inter è mancata in costruzione e gestione».

Il Milan ha fatto un buon mercato?

«Sembra quello dell’Inter dell’anno scorso, bisogna vedere se diventa squadra. Alcuni giocano con 11 stranieri, ma il gruppo deve capirsi, non è importante il singolo. Oggi invece si gioca sulle individualità, si prende il campione».

Perché questo cambiamento da squadra a singolo?

«I club dicono che se prendono uno da 100 milioni poi fanno più abbonamenti, il discorso è perdente. Poi ci si ritrova con sei difensori centrali e un solo terzino».

Il calcio di Zeman è basato su squadra e spettacolo. A grandi livelli (Barcellona a parte) è difficile vincere con questa filosofia. Le piace il gioco del Real Madrid?

«Il Real è il brutto esempio per gli altri: mettono Cristiano Ronaldo e vincono. Però Ronaldo è uno, l’unico che fa la differenza con Messi. Gli altri sono bravi, ma non spostano. Sacchi con il Milan ha esaltato il concetto di squadra. Aveva Van Basten e anche Colombo».

Le piace l’idea della Var?

«No. Il calcio deve rimanere uguale. Ci sono gli errori dei giocatori, ci possono stare quelli degli arbitri, se non so-
no comandati dall’alto».

Il calcio di Zeman è attuale a livello di preparazione?

«Dicono che faccio correre troppo, è assurdo. La partita dura 90 minuti, un giocatore ha la palla per appena 3. Negli altri 87 che fa? Me lo devono dire gli altri».

Vitor Frade, professore dell’Università di Oporto e collaboratore del Porto, ha teorizzato la periodizzazione tattica, concetto lontano da lei?

«La tattica è importante, ma se si basa su un individuo non è più tattica. Se compri un giocatore da 100 milioni ti aspetti che faccia tutto lui, non può».

Oggi lei è l’allenatore più anziano tra serie A e B: il suo è ancora un calcio innovativo?

«Fino a cinque anni fa dicevano che ero vent’anni avanti a tutti, me ne restano ancora 15 prima che mi raggiungano».

Le sue denunce su doping e Juventus l’hanno penalizzata?

«Il sistema era sbagliato l’ho detto. Anche chi la pensava come me si è schierato (giustamente per loro) con il sistema. Sono stato penalizzato sicuro, ma non mi pento. Avevo offerte da Real e Barcellona, ho deciso di fare altro. France Football mi ha messo tra i 30 allenatori più importanti nella storia del calcio: mi basta».

Ha visto che Luciano Moggi ora lavora in Albania?

«È tornato in Albania, ma anche in Italia nonostante la squalifica ha a disposizione radio, giornali e televisioni. Non capisco chi lo cerca. Pensano risolva i problemi. Ma per me ha fatto fallire tanti club».

Nel suo stadio la Juventus espone scudetti che le sono stati tolti. La Figc deve intervenire? È giusto giocare lì?

«Sarebbe normale intervenire, non giocare lì. Io sono uno che cerca di rispettare le regole e le decisioni degli altri, anche io sono stato squalificato per tre mesi, ho accettato».

Cosa non le piaceva o non le piace del sistema?

«Tutta la gestione. Il calcio non è più sport, ma un’industria dove si cerca di acchiappare più soldi e basta».

Secondo lei i tifosi non se ne rendono conto?

«Come no? Quando allenavo Lazio e Roma gli stadi erano pieni, oggi c’è poca gente. Si sono accorti che il calcio così non è interessante. Se uno sta a casa a vedere la partita dopo cinque minuti cambia canale e guarda i cartoni animati. Le partite non sono gradevoli».

In Premier League però gli stadi sono pieni.

«L’Inghilterra tiene in piedi l’Europa: comprano tanti bidoni a prezzi astronomici e fanno campare gli altri Paesi. Però i tifosi sono migliori».

Chi è lo Zeman di oggi?

«Non voglio che nessuno mi copi. Gli allenatori iniziano in un modo, poi perdono tre partite e cambiano: siano coerenti. Se giochi con i più forti perdi: io lo accetto. Gli altri fanno catenaccio e perdono lo stesso. Meglio allora far come pare a me e difendere le mie idee».

Riporta il Pescara in A?

«Ci proviamo, in fondo si aspira sempre al massimo».

Sezione: Copertina / Data: Dom 23 luglio 2017 alle 15:30 / Fonte: Corriere della Sera
Autore: Redazione TuttoPescaraCalcio / Twitter: @tuttopescara1
vedi letture
Print